I miracoli di Gesù

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Gesù guarisce un bimbo morente (419.2 - 419.3 - 419.4)

"Maestro" grida una madre "mio figlio è malato. Vieni, benedetto!"
E Gesù devia verso una povera casa, pone una mano sulla spalla della madre tutta in lacrime e chiede: "Dove è tuo figlio?"
"Qui, Maestro, vieni."
Entrano la madre, Gesù, il barcaiolo, Pietro, Giovanni, il Taddeo e dei popolani. Gli altri si affollano sulla porta e guardano allungando i colli per vedere.
In un angolo della povera e scura cucina è un lettucciuolo presso il focolare acceso. E sopra un cadaverino di fanciullo sui sette anni. Dico un cadaverino tanto è consumato, giallognolo, senza moto. Solo l'ansito rantoloso del piccolo petto, malato direi di tubercolosi.
"Guarda, Maestro. Ho speso tutte le mie risorse per salvare almeno questo. Non ho più marito, gli altri due figli mi sono morti alla stessa età di questo. L'ho portato fin a Cesarea marittima per mostrarlo ad un medico romano. Ma non ha saputo che dirmi: <Rassegnati. La carie lo rode>. Guarda..."
E la madre scopre il povero esserino gettando indietro le coperte. Là dove non sono fasce sono ossicine sporgenti da una pelle arsa e giallognola. Ma poca parte di corpo è scoperta. L'altra è sotto bende e pannolini che, quando vengono levati dalla madre, mostrano i caratteristici buchi gementi delle carie ossee.
Uno spettacolo miserando. Il malatino è così abbattuto che non fa gesto. Pare non si tratti neppure di lui. Apre appena gli occhi incavati e intontiti e dà uno sguardo indifferente, direi infastidito, alla folla. Poi li richiude.
Gesù lo carezza. Pone la sua lunga mano sulla testolina abbandonata, e il bambino riapre gli occhi guardando con più interesse quell'uomo sconosciuto che lo tocca con tanto amore e che gli sorride con tanta pietà.
"Vuoi guarire?" Gesù parla piano, curvandosi sulla faccina smunta. Prima ha ricoperto il corpicino dicendo alla madre, che voleva porre altre fasce: "Non occorre, donna. Lascia così."
Il malatino annuisce senza parlare.
"Perchè?"
"Per la mamma mia" dice la vocina esile esile. La madre piange più forte.
"Sarai sempre buono se guarisci? Un buon figlio? Un buon cittadino? Un buon fedele?" Fa le domande ben staccate per dare tempo al piccolo di rispondere singolarmente. "Ti ricorderai quanto prometti ora? Sempre?"
I lievi, e pur tanto profondi di desiderio, "sì", cadono uno dopo l'altro come tanti sospiri d'anima.
"Dammi la mano, piccolo." Il malatino vuol dare quella sana, la sinistra. Ma Gesù dice: "L'altra dammi. Non ti farò male."
"Signore" dice la madre "è tutta una piaga. Lascia che io la fasci. Per Te..."
"Non importa, donna. Non ho ribrezzo che delle impurità dei cuori. Dammi la mano e di' con Me: <Voglio essere sempre buono come figlio, come uomo e come credente nel Dio vero>".
Il bambino ripete forzando la vocina. Oh! c'è tutta la sua anima in quella voce, e la speranza... e certo anche quella della madre.
Un silenzio solenne si è fatto nella stanza e nella via. Gesù, che tiene con la sinistra la destra del malato, alza la sua mano destra, la sua mossa di quando annuncia una verità o di quando impone la sua volontà ai morbi e agli elementi, e diritto, solenne, con voce potente dice: "Ed Io voglio che tu sii sanato. Sorgi, fanciullo, e loda il Signore" e gli lascia andare la manina che ora è tutta sana, magra, ma senza la minima escoriazione, e dice alla madre: "Scopri la tua creatura."
La donna , che ha un viso di chi è fra la sentenza di morte e una di grazia, leva titubante le coperte.... e ha un urlo e si getta sul corpicino magrissimo ma sano, lo bacia, lo stringe... è folle di gioia. Tanto da non vedere che Gesù si allontana dal letto e si avvia alla porta.
Ma il malatino vede e dice: "Benedicimi, o Signore, e lascia che io ti benedica. Mamma... non ringrazi?"
"Oh! perdono!... La donna, col bambino fra le braccia, si getta ai piedi di Gesù.
"Comprendo, donna. Va' in pace e sii felice. Addio, bambino. Sii buono. Addio a tutti." Ed esce.